Ali di scarabeo, fibre di ananas e pelli dai funghi: a Londra la storia lunga 400 anni del legame fra moda e natura

ONDRA – Una mostra che guarda al passato e al presente con il dichiarato intento di modificare il futuro. “Fashioned from Nature”, al Victoria & Albert Museum di Londra, presenta oltre 300 abiti, accessori e tessuti per illustrare come la bellezza della natura abbia ispirato la moda dal Seicento a oggi, ma anche per spiegare come l’industria della moda abbia contribuito a danneggiare l’ambiente.Il messaggio finale è positivo: ora, grazie a una maggiore consapevolezza da parte sia dei designer sia dei consumatori e con l’aiuto di innovazioni tecnologiche, la moda sta diventando sempre più etica e sostenibile.La prima parte della mostra è dedicata al passato: la bellezza degli oggetti – una giacca del ‘600 fitta di ricami dettagliati di fiori, un impalbabile abito di mussola, una crinolina di seta, un opulento tessuto ricamato con mille vermi colorati diversi – non nasconde la loro origine. I materiali usati erano naturali – cotone, lino e seta per gli abiti, avorio, tartaruga, madreperla, stecche di balena per gli accessori – ma il loro utilizzo ha depredato la natura e la loro lavorazione ha avuto un impatto deleterio.

Cappello di pelliccia, Parigi 1865-1870

La meccanizzazione dell’industria tessile nell’Ottocento ha poi aggravato l’impatto sull’ambiente, con tonnellate di tinture tossiche e prodotti di scarto riversati nei fiumi. La passione per le fodere di castoro ha reso quasi estinti quegli animali in Europa, costringendo a importarli dal Canada. Un abito di cotone bianco del 1868 con decorazioni verdi sembra innocuo, ma è abbellito da oltre cinquemila ali di scarabeo, apprezzate in quegli anni per il loro colore metallico iridescente. Accanto un paio di orecchini fatti utilizzando le teste imbalsamate di due uccellini.

La moda del periodo di indossare piume il più esotiche possibile ha portato all’uccisione di milioni di aironi e altri uccelli, ma ha anche portato alla creazione della Royal Society for the Protection of birds. La prima intesa internazionale contro la caccia indiscriminata agli animali per le loro pellicce risale al 1911, conseguenza dell’uso eccessivo di pellicce di animali anche pregiati che ha provocato una reazione. E’ una storia fatta di devastazione e abusi, ma anche di pionieri illuminati – come l’anonima donna che nel 1800 si è sposata indossando il primo abito sostenibile fatto di fibre di ananas.

La seconda parte della mostra guarda al presente e lancia uno sguardo verso il futuro. Ci sono creazioni di note attiviste come Vivienne Westwood, Katharine Hamnett e Margaret Howell, e abiti da sogno creati da Alexander McQueen, Giles Deacon, Jean Paul Gaultier, John Galliano, Christopher Kane, Alessandro Michele e altri ispirandosi alla bellezza della natura e degli animali.

Abito da sera, 1829

La mostra vuole soprattutto dimostrare come la moda stia cambiando grazie alla determinazione di alcuni pionieri che utilizzano tecnologie di avanguardia per creare abiti con materiali nuovi e sostenibili. C’è l’abito indossato dall’attrice Emma Watson al Met Gala del 2016, creato da Calvin Klein con un tessuto realizzato da bottiglie di plastica riciclate. C’è un abito di Tiziano Guardini per Vegea realizzato lo scorso anno con una pelle alternativa fatta dagli scarti della produzione vinicola. C’è un abito di Ferragamo fatto con “fibra di arancio” derivata dagli scarti della produzione di agrumi. Stella McCartney presenta un prototipo di borsa, il primo oggetto al mondo realizzato con “mycelium” una nuova “pelle” creata in laboratorio. Il futuro promette bene.

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