C’era una volta il jeans «da strada» La nuova era del denim è nel lusso

a Holly Golightly-Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”, in jeans e asciugamano in testa a mo’ di turbante mentre suona la chitarra e canta “Moon River” sul davanzale della propria finestra a New York, nel 1961, a Thelma e Louise (Geena Davis e Susan Sarandon) che all’inizio degli anni Novanta fuggono a bordo di una Ford Thunderbird azzurro pastello e finiscono col saltare nel vuoto. Per non parlare di Danny Zucco-John Travolta, playboy rockabilly in “Grease”. Basta snocciolare una manciata di personaggi iconici in film altrettanto famosi , ma appartenenti a epoche diverse, per accorgersi di come i blue jeans abbiano accompagnato l’evolversi delle mode, senza mai essere lasciati indietro.

Dal grande schermo alla vita reale, il pantalone in denim sarà sempre più protagonista: secondo Statista, infatti, il mercato mondiale dei jeans (a valore retail) nel 2021 toccherà la cifra record di 129,8 miliardi di dollari, circa 30 miliardi in più rispetto al valore del mercato nel 2016, pari a 100,2 miliardi di dollari, a sua volta in netta crescita se confrontato con gli 86,6 miliardi del 2012. Previsioni più “miti”, ma comunque all’insegna dell’incremento, sono quelle di Euromonitor International che nel suo Global Consumer Survey stima il mercato globale del denim a quota 95,4 miliardi di dollari nel 2017 (contro i circa 91 del 2016) e con una prospettiva di crescita annua media dell’1,9% fino al 2022. L’Italia avrebbe una quota di mercato poco sotto i 2 miliardi di dollari.

A trainare il mercato è il sempre più marcato orientamento casual dell’abbigliamento in generale che, nel tempo, ha trasformato i blue jeans da capo “da strada” in un pezzo da passerella. Sono molte le collezioni pret-à-porter, sia maschili sia femminili, che hanno sdoganato il jeans, purché rinnovato nel design e abbinato con originalità: la collezione P-E 2018 di Christian Dior, firmata daMaria Grazia Chiuri, laddove un tempo sfilavano giacchine avvitate e delicate gonne a corolla, ha mostrato jeans scampanati da enfant terrible dal gusto impeccabile. Prada, invece, per la prossima primavera-estate 2019 li ha declinati in mini short da uomo, da abbinare con la giacca.

Sebbene la quota rilevante del mercato (70%), sempre secondo Euromonitor International, sia assorbita dai jeans di fascia medio-bassa (in termini di prezzo) con marchi come Zara, Gap e Levi’s – che quest’anno ha festeggiato i 145 anni del suo “501” – a fare la parte del leone, il denim di lusso piace sempre di più.

A conquistare i consumatori di fascia alta sono i capi che abbinano alta qualità e performance derivate dall’utilizzo di tessuti hi tech, nati (anche) dall’esigenza di proporre un’alternativa alla mania dell’athleisure. «Guardando al futuro, le aziende produttrici di jeans – spiega Lorna Hennelly, analista beauty e fashion presso Euromonitor International – dovrebbero fare leva sull’innovazione di prodotto, così da riguadagnare quote di mercato e attrarre i consumatori che si sono affezionati alla comodità dell’abbigliamento sportivo. Il processo manifatturiero deve diventare più sostenibile e l’offerta di prodotto dovrà tenere il passo con i trend nella moda e nella tecnologia, in piena evoluzione». Il tema della sostenibilità è decisivo, soprattutto nel dialogo con i consumatori di fascia alta, sempre piùattenti all’impatto ambientale. Così le aziende di moda hanno scelto di ridurre le lavorazioni tossiche e impiegare tessuti green, come quelle di Candiani Denim.

A stuzzicare chi compra jeans lusso è anche la possibilità di personalizzare al massimo il proprio pantalone, scegliendoperfino il colore del filo per le cuciture. Questo servizio viene fornito, tra gli altri, da Roy Roger’s, Tramarossa, Atelier Notify, mentre Tommy Hilfiger ha creato una “laser machine” itinerante che permette al cliente di stampare sul tessuto ciò che vuole.

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