Se dici Dubai i sinonimi sono ricchezza, bella vita, spensieratezza. Sotto l’occhio del ciclone in questo momento perché non sono rispettate minimamente le regole per il Covid, non è così rigida come si racconta anche sotto altri aspetti. Ma cosa si cela dietro quella patina di dorata perfezione? Basta aprire i social per qualche istante per capire che tenore di vita hanno determinate persone che poco silenziosamente si aggirano per le strade di Dubai. Tra pernottamenti in hotel super stellati e dotati di ogni confort però non è così brillante come può sembrare.
Sono molti gli italiani che si recano lì per sviluppare il proprio business. Ma come si diventa imprenditori a Dubai? Grazie a Luca Valori, imprenditore di 26 anni che vive a Dubai da circa un anno, apriamo il vaso di Pandora che gli emiri tentano di tenere chiuso affinché i fari non vengano accesi su scandali tramite dichiarazioni compromettenti.
Come mai hai deciso di andare a Dubai?
«Io sono andato a Dubai per un discorso fiscale e perché chi era lì mi raccontava che fosse una città super tranquilla, con una vita spettacolare, dove avrei potuto svolgere il mio lavoro di consulenza e Drop shipping (ovvero prendere dei prodotti puliti dalla Cina e rivenderli sul mercato mondiale tramite internet). L’Italia per quanto riguarda la tassazione ammazza l’imprenditoria, li non è così. Dubai era raccontato come se fosse il paradiso, ed è questa l’immagine che circola sui social, tant’è che la maggior parte delle persone ha questa visione di quel luogo».
Cosa hai trovato?
«Ho notato che lì è pieno di italiani, che in massa stanno arrivando e che si distinguono in due categorie: quelli che scelgono Dubai per aprire le loro società mantenendo la residenza fiscale in Italia, e sono molti, nonostante ciò sia del tutto illegale, e quelli che invece partono dall’Italia per prendere la residenza a Dubai».
E come funziona lì per iniziare l’attività? È così semplice?
«Vanno lì, aprono la società pagando circa 15.000 euro e la società assume il proprietario della società stessa come amministratore e quindi hai il permesso di diventare residente. Tutto ciò richiede circa un mese. Per prendere la residenza e trasferire completamente il tutto dall’Italia serve anche un contratto d’affitto annuo.
Che incremento hai avuto a livello economico?
«Circa il 100% perché la tassazione sui prodotti venduti all’estero a Dubai è pari a zero. Ma se vendi qualcosa sul territorio paghi solo il 5% di IVA. Quindi tendenzialmente si va lì per vendere all’estero avendo questo tipo di agevolazione economica».
E da parte dell’Italia che tipo di controllo c’è? Ammesso che ci sia.
«Nessuno. Fai solo l’iscrizione all’AIRE (italiani residenti all’estero) e basta. Ma ora è un fenomeno diffusissimo, c’è una quantità esorbitante di italiani che si sta riversando lì, ed è il motivo per cui io me ne voglio andare, oltre al fatto che la gran parte della popolazione (di cui tantissimi sono provenienti dal Pakistan) è per la maggiore sottopagata e sfruttata».
Spiegati meglio, cosa c’è di Dubai che non ti torna?
«Sono ancora residente lì, ma sto valutando la mia dipartita perché ho visto la quantità di gente che arrivava ma soprattutto la tipologia di vita che vogliono e non mi appartiene, perché per quanto riguarda le ragazze non rispecchia i miei valori, diciamo che sicuramente a Dubai è impossibile trovare l’amore».
CACHET ELEVATISSIMI
In base ad altre testimonianze, l’amore vero difficilmente si trova a Dubai, perché pare che ci sia un tasso di prostituzione elevatissimo, nonostante la prostituzione sia un reato che li viene punito con almeno quattro anni di reclusione, fenomeno che riguarda soprattutto ragazze che arrivano dall’Italia e dall’est Europa con quell’obiettivo perché sanno che di lavoro ne trovano molto. Dati shoccanti, perché sembra che il cachet di ciascuna possa arrivare anche a 15mila euro a sera quando si trova l’uomo giusto che ne voglia scegliere più di una con le quali festeggiare una serata in compagnia.
Che la solitudine fosse il male del secolo si sapeva, ma non pensavamo fino a questo punto. E se vi dicessimo che la paga media di un tassista o muratore è di circa duecento euro mensili? La classe media è un’utopia e le ragazze a pagamento pare che siano parte dell’alta società, date le cifre che riescono a raggiungere.
Inizialmente si può cadere in fallo, pensare che ci si trovi difronte ad una ragazza qualunque, perché l’approccio ovviamente è quello dei più classici, ma mentre si sorseggia un drink arriva secca la frase “sono duemila dirham l’ora” (circa duecento euro) con una nonchalance ed un sorriso disarmanti.
Questa la paga media, l’ora, che consente loro di avere il tenore di vita che poi sciorinano su Instagram, con calici di champagne e una macchina di lusso affittata (in cash, perché non è controllato il denaro contante, bensì ben accetto) giusto il tempo di uno scatto che le rende agli occhi dei followers modelli da seguire.
Ragazze ben vestite, talvolta con orologi al polso da centomila euro che vanno e vengono dal bancone del bar di lusso, che passano dalla camera 33 a quella 36 in una sola serata, e ciò quando il lavoro è poco. Locali in cui la percentuale di uomini si aggira intorno al 30% mentre le donne sono appunto circa il 70%.
CENSURA TOTALE
Ma questa è la Dubai che a noi non è concesso vedere, perché le autorità sono severissime verso chi risiede lì e s’ azzarda a rivelare i segreti del sottobosco degli Emirati, tanto che non consentono il giornalismo d’inchiesta, impedendo l’utilizzo di telecamere per riprendere fatti rilevanti di cronaca e non solo.
Quindi diciamolo chiaramente, non è tutto oro quel che luccica, soprattutto se è consentita una prostituzione a livelli così elevati, una prostituzione non legalizzata, condannata ardentemente nei palazzi, ma adulata nei salotti in cui il velo si dissolve diventando perizoma.