Nasard (ceo Bata): «In Italia sperimentiamo un nuovo format di negozi»

Tre giorni di occupazione pacifica di Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa italiana, e di parecchi alberghi e ristoranti di Milano. Un po’ come se il Salone del mobile non fosse ancora finito, per la felicità di tassisti e negozianti. Il tutto grazie a Bata, colosso delle calzature che ha scelto «la capitale mondiale della moda», spiega il ceo Alexis Nasard, per presentare le nuove strategie di produzione, distribuzione e comunicazione.

Bata tra le prime aziende al mondo per numero di scarpe vendute. Come si combinano volumi e qualità?

Grazie all’esperienza e alla storia. Bata è nata nel 1894 e ha seguito l’evoluzione delle scarpe, la loro diffusione e la trasformazione in accessorio moda. Ora la priorità è far capire ai nostri consumatori e a chi ancora non lo è che il rapporto qualità-prezzo non è l’unica caratteristica di Bata. Lo slogan Me & Comfortable with ItThe Sound of Style racchiudono questo messaggio: scarpe confortevoli e belle fanno sentire bene e forse dicono più delle persone che le indossano di tanti prodotti “solo” fashion.

Milano e l’Italia sono solo una vetrina e un mercato?

Il vostro Paese è strategico per tanti motivi: avere successo qui è una garanzia per averlo in molti altri mercati. L’Italia è una “palestra” per lo stile e per i format retail. Quello su cui stiamo investendo, che abbiamo chiamato Red, sta portando un aumento delle vendite del 10 per cento. C’è però molto di più: l’Italia è un serbatoio di know how e talenti creativi. Anche per questo abbiamo presentato a Milano il concorso Young Designers Challenge 2018, nato dalla collaborazione tra il Politecnico Calzaturiero di Padova e la Umprum (Academy of Arts, Architecture&Design) di Praga e Kallisté, azienda italiana guidata da Cleto Sagripanti.

Lei è arrivato in Bata nell’aprile 2016, come è andato il 2017?

È stato il miglior anno di sempre per l’azienda, con una crescita a doppia cifra. Siamo presenti in cinque continenti e oltre 70 mercati con più di 5.300 negozi, più di 300 dei quali in Italia. Ogni giorno circa un milione di persone acquistano un prodotto Bata. Il portafoglio mercati è talmente diversificato che riusciamo a bilanciare eventuali rallentamenti su un mercato con le crescite e le prospettive di un altro.

Il gruppo possiede anche altri brand e insegne, come AwLab per le scarpe sportive. Ci sono progetti di diversificazione prodotto?

Per il marchio Bata no: siamo specialisti nelle calzature ed è un mondo in cui si può sempre migliorare. Oltre che nel retail fisico stiamo investendo nell’e-commerce, che offriamo in ogni mercato in cui siamo presenti e che è già una fonte di profitti, oltre che di vendite. L’importante è imparare a pensare senza confini: chi compra online ha dai 20 ai 65 anni, proprio come chi lo fa offline. Perché al centro di tutto c’è il prodotto, lo stile, la funzionalità, che parlano da soli.

Come affrontate il tema della sostenibilità?

Lavoro da molti anni nel settore del largo consumo. Credo che la responsabilità sociale e ambientale di un’impresa non sia qualcosa da sbandierare né da usare come strumento di marketing. Siamo molto impegnati su ogni fronte di sostenibilità e siamo contenti di parlarne con chiunque voglia avere informazione e sul nostro sito ce ne sono tantissime. Ma lo sentiamo come un dovere, non come qualcosa di cui vantarci.

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