Renzo Arbore: «Le cene a casa di Boncompagni con Raffaella Carrà e Mariangela Melato

«Sono traumatizzato, avevo parlato in mattinata con Renato Zero che mi chiedeva come mai Raffaella non fosse all’Argentario, allora ho sentito Barbarina Boncompagni per avere notizie. Poi è arrivato questo annuncio a bruciapelo, siamo tutti rimasti traumatizzati». Renzo Arbore ha la solita voce inconfondibile, ma il cuore è in tumulto, rimangono i ricordi nitidi di un’amicizia che ha le radici profonde del tempo e della consuetudine.

Quali sono le immagini più intense che le vengono in mente?
«I ricordi sono le serate a casa di Gianni Boncompagni, quando con le telecamerine noi facevamo i cretini e lei rideva tanto; Gianni aveva la fissazione dell’elettronica, ogni telecamera serviva per improvvisare show balordi a casa sua. E poi ci sono i ricordi legati a gite fatte e non fatte insieme: avevano comprato una roulotte per girare l’Italia. Usata una sola volta. Avevano preso un terreno vicino ad Arezzo, ci siamo andati in una sola occasione. E poi le giornate trascorse in piscina, con Gianni e Mario Marenco. Mi viene in mente con grande affetto un concerto di Aretha Franklin che abbiamo visto insieme alla Bussola». (Sui giornali uscì una foto che anni dopo è diventata una clamorosa gaffe: «Boncompagni, Carrà e Arbore, fotografati con un’amica di colore», ndr)

Gianni Boncompagni e Raffaella Carrà, lei e Mariangela Melato, storie d’amore e di amicizia…
«Gianni e Raffaella, io e Mariangela, abbiamo vissuto un periodo artisticamente meraviglioso, perché si cercava di fare un prodotto raffinato che coniugasse qualità e gusto; anche se leggero era un prodotto veramente artistico. Era una tv evergreen, sempreverde. Le performance, le canzoni, le scenette di Raffaella le abbiamo viste tante volte eppure ci emozioniamo ancora adesso. Aveva una straordinaria romagnolità, che trasmetteva voglia di allegria, gioia di vivere, unite con la caparbietà e la serietà per ideare cose nuove e diverse, curiose».

Il primo ricordo?
«Un giorno Gianni mi disse che doveva andare a fare una pubblicità per RadioTeleFortuna con una tale Raffaella Carrà, pare abbia fatto un film con Frank Sinatra, disse. In realtà era una piccola parte. Mi parlò di una bella ragazza, semplice, che non se la tirava per niente, disinvolta davanti alle telecamere. Tra loro era nato l’amore, ma il rapporto è diventato subito professionale perché con due artisti così era inevitabile».

Cosa ha rappresentato Raffaella Carrà?
«Ha rappresentato la bella televisione inventata dalla Rai; con Bernabei prima e Agnes dopo, la Rai aveva messo in piedi la più bella televisione di intrattenimento del mondo. E noi non ce ne rendevamo conto. Incensavamo la Bbc, Letterman, la grande tv americana. Ma adesso grazie ai frammenti del web lo sappiamo: la tv di Raffaella, di Corrado, di Mina, di Falqui, di Sacerdote e Trapani, quella era la tv più bella del mondo perché era fatta per rallegrare ma anche per educare: educare rallegrando, che cosa meravigliosa».

Era una donna moderna che ha precorso i tempi…
«Per la sua simpatia e la sua semplicità penso abbia raccolto l’eredita di Delia Scala, che oggi nessuno ricorda. Io ero piccolissimo, non è della mia generazione, ma Delia trasmetteva la forza di un’artista brava, che non se la tirava, mentre le donne che facevano televisione all’epoca si comportavano da dive. Raffaella è stata un’antidiva che ha creato un modello tutto suo, straordinario, che piaceva alla persona colta e a quella semplice. Adesso è diverso, hai due strade: o sei popolare e piaci a un pubblico dai gusti facili; oppure piaci a un pubblico ricercato. Lei invece aveva la capacità di convincere tutti, dall’uomo della strada agli intellettuali, spopolava tra i gay. Non ho mai sentito parlare male di Raffaella. E nemmeno la critica lo ha fatto, nessuno scriveva: è la solita Carrà. Perché lei ogni volta ce la metteva tutta per inventare prodotti nuovi e originali».

Sul lavoro era instancabile.
«La verità è che Raffaella ha fatto una vita di lavoro, godendo della simpatia di un pubblico vasto e popolare. Credo sia un mito. Adesso è parola abusata: mito. Lei era davvero un mito, anche nel suo essere avara di televisione. Per lei fare bella figura era un impegno, e lei era quella che faceva fare bella figura alla televisione italiana»

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