Una valle di musica in Puglia

n Italia non sono poi così tanti gli organizzatori di concerti che tentano di tenere il nostro paese al passo con il resto del mondo. Alcuni ci provano, ma fanno fatica. Il caso del Radar festival, pensato per essere un piccolo Primavera sound, è emblematico: ufficialmente la manifestazione, che si doveva tenere all’inizio di giugno a Milano, è stata cancellata per “una serie di spiacevoli e sfortunate circostanze”, secondo la versione ufficiale dei fatti. Ma quella ufficiosa è che erano stati venduti pochissimi biglietti.

Il Club To Club di Torino, invece, è l’esempio di come si possa fare un festival coraggioso e contemporaneamente far quadrare i conti. Il Viva! festival, che si è tenuto dal 4 all’8 luglio nella valle d’Itria, in Puglia, è il gemello estivo della manifestazione piemontese ed è arrivato alla seconda edizione.

Il Viva!, creato dall’associazione Xplosiva insieme al promoter pugliese Ninni Laterza, ha la stessa filosofia del Club to Club: punta sui nomi stranieri (già questo è un azzardo di questi tempi) e su una presenza forte ma mai troppo invasiva degli sponsor, seguendo un modello anglosassone. Il rapporto con alcuni musicisti ormai è andato oltre la semplice collaborazione: Jamie xx e Arca sono praticamente di casa, ormai.

Rispetto al Club to Club, il Viva! ha un punto di forza: il luogo dove si svolge. La valle d’Itria, territorio a cavallo tra Bari e le province di Brindisi e Taranto, è splendida, con i trulli e i grandi spazi che offre. I paesi che si trovano nei dintorni, come Martina Franca, Cisternino e Alberobello, colpiscono per le facciate bianche delle loro case e sono stati scelti per ospitare i “talk”, cioè i dibattiti e le interviste in pubblico (per onestà intellettuale lo devo dichiarare: a uno di questi eventi ero ospite anche io).

Non ho visto tutto il festival, ma solo le serate del 6 e 7 luglio, perdendo il dj set di Jamie xx e soprattutto l’appuntamento Beats from the Lido, curato dal producer pugliese Jolly Mare, durante il quale dieci artisti hanno reinterpretato canzoni estive italiane.

La cosa più attesa di venerdì 6 luglio era ovviamente Liberato. Il misterioso cantante napoletano (?) si è esibito sul palco principale, l’arena Valle d’Itria, e ha portato in scena lo stesso spettacolo di Milano, con i visual curati dai Quiet Ensemble. In scaletta c’erano gli unici sei pezzi che ha registrato finora, nessun inedito. L’esibizione si è aperta con un brano strumentale a cui è seguita Nove maggio, e si è chiuso con Tu t’e scurdat’ ‘e me. Liberato, nonostante qualche evidente problema alla voce, ha dimostrato ancora una volta che non è solo un fenomeno di costume ma una solida realtà musicale. E, fatto non secondario, il pubblico ha cantato a memoria tutti i pezzi, in napoletano.

Dopo Liberato, e questo fa capire qual è la filosofia del festival, sono saliti sul palco degli artisti totalmente diversi: i danesi Iceage, sospesi tra post punk e pose alla Nick Cave, e soprattutto il venezuelano Arca, raffinato provocatore dell’elettronica contemporanea, che ha messo in scena un dj set surreale e divertente, anche se a tratti un po’ troppo cacofonico.

La serata del 7 luglio invece è cominciata sul palco più piccolo, gestito e sponsorizzato dal sito di streaming britannico Boiler Room, che trasmetteva in diretta dalla Puglia. Da quelle parti, dove la vista della vallata era ancora più suggestiva, hanno suonato la statunitense Karyyn, a cavallo tra elettronica e cantautorato femminile in stile Björk, un indiavolato John Maus, dotato di una presenza scenica tanto sghemba quanto efficace, e ci sono stati i dj set di Carla Dal Forno e Laurel Halo.

Sul palco principale la città di Napoli è stata di nuovo protagonista con l’esibizione dei Nu Guinea, autori del disco Nuova Napoli, un interessante omaggio alla musica di James Senese e Pino Daniele. Il duo formato da Massimo Di Lena e Lucio Aquilina ha confermato di avere un gusto raffinato per la musica anni settanta e ottanta in un dj set atipico, con Di Lena ai piatti e Aquilina alla tastiera, che suonava sopra ai brani mixati, dilatandoli e creando un effetto quasi vicino al prog. La selezione è stata varia e sorprendente, al punto che certi brani erano introvabili perfino su Shazam, ma la riposta maggiore del pubblico è arrivata proprio grazie a un pezzo dei Nu Guinea, Je vulesse. Un segnale incoraggiante per il duo, che nei prossimi mesi porterà in tour i pezzi dell’album con la band.

La vera sorpresa di questa edizione del Viva! è stato Sampha. Certo, definire sorprendente un musicista che ha vinto il Mercury prize è un po’ un paradosso. Ma dal vivo i brani acquistano sfumature molto diverse rispetto alle versioni in studio. Sampha accentua l’anima ritmica della sua musica, soprattutto grazie all’aiuto di un batterista notevole. Dopo di lui è arrivata The Black Madonna, dj statunitense specializzata in musica house e impegno politico femminista, che è partita con una cassa dritta piuttosto spinta, per poi spostarsi verso territori più morbidi.

Anche dal punto di vista climatico le cose sono andate bene. L’unica nota dolente, e non secondaria, è stata la risposta del pubblico. Le presenze complessive sono state ventimila, la metà dello scorso anno (va detto però che nel 2017 le serate sul palco principale erano state tre e l’ingresso era gratuito). Il 6 luglio (probabilmente per merito di Liberato) l’arena Valle d’Itria era abbastanza piena, ma la seconda sera si notavano tanti spazi vuoti.

Un peccato, vista la qualità degli spazi e dell’offerta. Raggiungere la valle d’Itria però non è così semplice e in un periodo pieno di concerti e festival è difficile convincere le persone a venire fin qui. Forse servirà ancora un po’ di tempo per far decollare il festival, ma la strada è quella giust

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